giovedì 30 giugno 2011

Era una questione di immagine.



C'e' stato un lungo periodo in cui l'immagine contava più della sostanza.
Un periodo in cui era importante per esempio come ci si vestiva, o quali suppellettili si esibivano, come l'orologio che si portava al polso o il cellulare che si aveva in mano.
Gli uomini si sentivano eleganti se andavano in giro in giacca e cravatta, e più costosi erano più erano ritenuti importanti e di successo.
Lo stesso valeva, ad esempio, per la casa in cui vivevano e per l'automobile che guidavano, in una buffa corsa  a chi la poteva vantare più grande, confermando le teorie sull'invidia del pene di Freudiana memoria.
La sicurezza economica, anche per le donne, se esibita era vera, e se era vera andava esibita. Conseguentemente l'opulenza andava imperativamente esibita.
E' questo un concetto molto più antico, se vogliamo prendere per buone le storie che dicono come nei tempi antichi la robustezza fisica e la floridezza delle carni erano sinonimo di buona salute.
Inoltre, per salvaguardare il consenso sociale, fare una cosiddetta brutta figura era un’onta intollerabile, e si arrivava perfino ad indebitarsi per un televisore simile a quello visto nelle altrui case.

Nel tempo la percezione dei valori cambiò, e oggigiorno non ha più senso che un uomo d'affari del Giappone si vesta nello stesso modo di uno Canadese, proprio perché l'abito "non fa più il monaco" come una volta, e tantomeno lo fanno gli accessori e gli ammennicoli vari.
Gli uomini e le donne smisero di sentirsi in vendita e scesero dalle vetrine sociali e artificiali costruite per un mercato globale soffocante e inefficiente.
Oggi non tutto è in vendita, poiché sappiamo che non tutto si vende, e che non c'e' ragione di cercare ad ogni costo quelli che una volta venivano chiamati "status symbol".
Non ha più senso, per esempio, che un'automobile sia più vistosa e riconoscibile possibile.
Occorre semplicemente che duri per molti anni e che sia compatta e funzionale, proprio come un orologio, che fa sorridere al solo pensarci che una volta li costruissero, e ci si vantava per giunta, di averli d'oro...
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giovedì 23 giugno 2011

I mari muoiono



Se i risultati dello studio fossero stati più rassicuranti qualcuno avrebbe potuto dire: "Possiamo continuare come al solito, il nostro impatto non è significativo. Continueremo a tenere sotto controllo i dati.".
Eppure, stanti questi risultati, qualcuno potrebbe giustificarsi dicendo: "Al momento non abbiamo alternative nel fare quello che facciamo nel modo in cui lo facciamo. Del resto come potremmo incidere su emergenze così grandi da soli? Bisogna approfondire le questioni."
Noti differenze significative tra questi due modi di analizzare le conseguenze delle nostre azioni?
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martedì 21 giugno 2011

Un bagno in casa



C'e' chi desidera un bagno per ogni componente della famiglia.
E preferibilmente ci metterebbe una doccia, invece che una vasca.
Credo che sia, tanto per risparmiare spazio che per lavarsi più velocemente.
Personalmente desidero tenere la mia bella vasca nel mio unico piccolo bagno.
Tu che preferisci, una stanza in più o un bagno in più? O addirittura tutti e due?
E perchè?
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lunedì 20 giugno 2011

Risorse Umane

 
Non mi sento, e non sono, una risorsa umana.
Mi sento semplicemente un umano con il suo, ancorchè piccolo, contributo da offrire.
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martedì 14 giugno 2011

Principio di autorità



E' incredibile come il principio di autorità faccia perdere tempo.
Secondo me centra con il fenomeno dell'"abito che fa il monaco", e il tempo non speso a prendersi la briga di controllare le convinzioni del "monaco" si perde a rimediarne i frequenti danni.
Per di più spesso la scorciatoia dell'etichetta del ruolo conduce in pericolosi vicoli ciechi.
E la perdita è consistente tanto per chi lo esercita che per chi lo accetta favorendolo.
Forse in un caso e nell'altro si cerca di aumentare la propria visibilità sociale, ma non sarebbe più desiderabile il principio di autorevolezza?
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mercoledì 8 giugno 2011

Un banale errore


Chiedere di più, pretenderlo in meno tempo, e allo stesso prezzo.
E' l'errore del nostro tempo.
Credo, in effetti, che questo sia il vero millennium bug;
tira tira una coperta corta, in qualche punto si rompe.
A quanto pare il cliente esigente non ha sempre ragione.

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martedì 7 giugno 2011

Quanto ci vuole?



Nei bar, a scuola, in ufficio e a casa, mi sembra di aver individuato un parametro di fondo-dato per scontato-quando si progetta qualcosa.
Una volta si schedulava in anni. Poi si è cominciato a schedulare in mesi.
Da qualche tempo si schedula in giorni,ed è pochissimo, mi sembra, che si comincia a schedulare in minuti.
E il tutto come se fosse una cosa desiderabile.
E' sulla base di questo "ancoraggio", più o meno sottaciuto, che si esprimono i sempreverdi giudizi sul fatto che per fare una certa cosa ci voglia tanto oppure poco.

Ho capito che personalmente sotto la soglia dei mesi non scendo. E non mi dispiace.
Per fortuna più in giù dei secondi non si potrà comunque andare.

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